Quando i numi tutelari sono importanti, uno può stare tranquillo. È così da che mondo è mondo. Perciò, Giro-E tappa numero 3, da Alba a Canale: il tempo la mattina non è dei migliori, ma nella terra dove sono nati scrittori come Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo, sfiorato dal Giro d’Italia) e Beppe Fenoglio (Alba, adorabile città di partenza), dove Carlin Petrini è nato e ha fondato, nel 1986, Slow Food, che è partita come un’associazione ma era già un’idea, un’ispirazione, o meglio una filosofia di vita che per la prima volta veniva sdoganata e, in quegli eccessivi, frenetici, un po’ insulsi anni Ottanta in cui bere era una modalità di incontro più che una degustazione, introdusse il concetto della lentezza con un’efficacia che non era appartenuta, non per loro mancanza, a uomini illustri come Milan Kundera, per esempio.
Insomma è la tappa della bellezza autentica, della campagna, del buon bere, della grande letteratura, del vivere e viaggiare slow, immersi in paesaggi unici al mondo tra gente ritrosa il cui carattere riflette quello del territorio, dove tutto è sottovoce e mai urlato, autentico e concreto.
Non potrebbe esserci mezzo migliore della bicicletta, per letteralmente gustare le sensazioni che regala questo territorio. E ciò che il Giro-E ha regalato ai suoi partecipanti, è stato infatti questo, un’immersione in un’idea, un profumo, con Alba al centro, percorsa e ripercorsa a cercare il tracciato del Giro d’Italia, su cui i ciclisti elettrici si sono innestati dopo appena 34 dei 79,6 chilometri complessivi di questa tappa. Tra l’altro, nella parte più bella del percorso della Corsa Rosa, il suo finale mosso con un traguardo da finisseur. Il contatore della fatica, che nelle tappe di salita è dato dai metri di dislivello, quest’oggi segnava 1500 metri. Occorrevano motori a punto e batterie ben cariche, ma ne valeva la pena, per il paesaggio, le suggestioni e, come detto, i numi tutelari e tutto.